Pantaleón e la Suprema Corte

Il quarto marito di Preysler e Premio Nobel per la letteratura nel 2010 potrà ora vedere come il nome del personaggio nel suo famoso romanzo entra negli annali della storia del sistema giudiziario del Regno di Spagna. Don Ángel Fernando Pantaleón è stato nominato nuovo giudice della Corte Suprema di Cassazione per una stretta maggioranza, lontano da quanto desiderato da suo padrino, ma sufficiente, secondo il recentemente modificato regolamento del novero dei giuristi di riconosciuta competenza.

A porte chiuse si è tenuta la presentazione delle domande, come si può vedere nella foto pubblicata dal Poder Judicial.B.O.E del 15 luglio 2015.

Nel voto lo ha seguito da vicino l’eterno candidato, Don Carlos Lasarte anche se, per l’età, credo che questa sia la sua ultima candidatura.

Essere avvocato di re Juan Carlos sulla questione della causa di paternità innanzi alla Suprema Corte è stato forse un vantaggio a favore di Pantaleon, e certamente il prestigio d’essere un socio dello studio Garrigues è stato determinante. Don Antonio è un genio nelle cause contrattuali, in tutti i sensi, come è noto nella materia Torres Dulce, e come buon allievo del Collegio El Pilar.

Tale importante appartenenza non è stata esente da critiche e paure da parte dello stesso CGPJ e, naturalmente, della Suprema Corte, e non ci si aspetterebbe altrimenti, data la tendenza di tutti gli avvocati alla discussione e al disaccordo. L’ombra di «potenziali conflitti di interesse» data la vasta base di clienti di Garrigues, aleggia sulla Plaza de la Villa de París. Se le S.V. mi consentono, consiglierei di mantenere il nuovo magistrato semplicemente lontano da qualsiasi attività in qualità di relatore, il che non significa che non sia un eminente giurista con cui discutere i prossimi temi che giungeranno alla Suprema Corte.

Per me personalmente, è stato un onore essere stata nominata in questa terna nel novero degli avvocati di riconosciuta alla Suprema Corte 2015. L’udienza innanzi alla commisione permanente del CGPJ mi ha però lasciato l’amaro in bocca, non mi hanno fatto alcuna domanda.

La verità è che, forse a causa di miei 30 anni all’estero, in un’udienza e più, per una così alta magistratura, mi aspettavo una conversazione tra giuristi con domande e risposte, una comunicazione reciproca. Ma temo di essermi sbagliata.

La mostra delle «puñetas» (merletti) sui polsini della toga è determinata dal Regolamento della Corte Suprema dal 1814. I polsini della mia toga dovranno aspettare che alla Corte Suprema e alla CGPJ vogliano internazionalizzarsi, o che forse siano soltanto coraggiosi come come lo sono stata io nel candidarmi al novero degli avvocati alla Corte Suprema del 2015.

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